Prima di parlare del Dosha Pitta spieghiamo cosa sono i Dosha.
Sono le tre tipologie di costituzione, fondamentali nell’Ayurveda.
I tre dosha sono formati dalla combinazione dei cinque grandi elementi: etere, aria, fuoco, acqua e terra.
A loro volta, le tre qualità dette dosha si combinano dando luogo alla costituzione unica e speciale di ogni individuo.
Ognuno di noi perciò è un individuo unico nel suo genere, la cui tipologia costituzionale, secondo l’Ayurveda, è determinata dall’influsso, maggiore o minore, di tre qualità principali, i dosha: vata, pitta e kapha.
Tutti noi conteniamo vata, pitta e kapha, in maggiore o minore misura (misura che peraltro può cambiare nel corso della nostra vita, dall’infanzia alla vita adulta alla vecchiaia).
La loro particolare combinazione ci rende ciò che siamo e ci insegna, in una prospettiva ayurvedica, a comprendere quale sia il modo migliore per prenderci cura della nostra salute.
I dosha: Pitta, “ciò che Produce calore”
Letteralmente la parola pitta significa “ciò che produce calore”.
Pitta è composto dall’unione degli elementi Fuoco e Acqua.
Nell’organismo umano il dosha pitta è il principio della trasformazione, a esso è legato il sistema endocrino ed enzimatico e il metabolismo.
Si trova soprattutto fra il cuore e l’ombelico e ha diverse qualità: è caldo, acuto, fluido, umido, acido, amaro, leggero.
Le persone in cui la qualità pitta ha il sopravvento sono focose, ma non sopportano il calore diretto, la loro pelle ha un colorito chiaro tendente al rosso con macchie, lentiggini, nei, couperose.
Hanno la tendenza a incanutire anzitempo.
Sudano molto e quindi possono emanare cattivo odore.
Mentalmente i soggetti pitta sono intelligenti e hanno buona memoria, nella conversazione sono dominanti, tendono alla collera e alla rabbia – una persona pitta in equilibrio è un leader, ma se è in squilibrio… un tiranno!
Se Pitta non è in equilibrio
Pitta viene disturbato da: collera, ira, paura, alimenti piccanti, acidi, salati e caldi o che inacidiscono, oli penetranti che riscaldano, sostanze oleose in genere, consumo di carne, alcool e un’eccessiva esposizione ai raggi solari.
Dallo stretto collegamento di pitta con l’apparato digerente, enzimatico e ormonale, e per il fatto che pitta produce agni, il fuoco digestivo, derivano questi disturbi: ondate di calore e di febbre, processi infiammatori di ogni tipo e forti bruciori, esagerata sudorazione ed emanazione di cattivi odori, cattivo gusto in bocca e secchezza, grande sete (e desiderio di bevande fredde), fame continua.
Il legame con l’acidità si manifesta con ulcere della pelle e delle mucose, bruciori di stomaco, diarrea e iperacidità dei tessuti corporei; il legame con gli organi dell’alto ventre, il fegato e la milza, si manifesta soprattutto con disturbi del sangue, produzione di scorie nel sangue, emorragie, epatiti.
Pitta nel mondo, al di fuori di noi
Pitta nel mondo è il fuoco cosmico che fa ardere le stelle e il sole.
Riconosciamo pitta nella stagione estiva, nelle fasi del giorno dalle 10 alle 14 (ecco perché si consiglia di pranzare entro le 14, quando il “fuoco digestivo” di pitta è all’opera!) e dalle 22 alle 2. Pitta, il fuoco, favorisce lo smaltimento del cibo, mentre nelle ore notturne serve per mantenere il calore corporeo.
Nelle fasi della nostra vita si manifesta dai 16 ai 50 anni.
Tratto dal sito leviedeldharma.it